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Quando lo stile di vita ti cambia la vita… e il Microbiota

Anni fa lessi con meraviglia le parole del fisico quantistico Felix Toran sulla legge del tempo e sulla transitorietà della materia: “ogni cinque anni, massimo sette, ogni atomo del nostro corpo si rigenera, completamente – ci sono atomi che vanno e vengono, niente rimane nel corpo umano immutabile”.

E così siamo persone in continua evoluzione, tutto cambia in noi, dai nostri pensieri alle nostre molecole.

Questo vale anche per la comunità di microrganismi che ci portiamo dentro.

Il Microbiota è una comunità dinamica e in continua evoluzione

Il complesso ecosistema del Microbiota intestinale varia nel corso della nostra vita, continuamente modellato da una serie di fattori come l’invecchiamento, l’alimentazione, l’attività fisica, i farmaci, lo stress, le malattie.

Non so a voi, ma a me ogni prospettiva di cambiamento ha sempre dato speranza e un gran sollievo.

Abbiamo un ampio margine di intervento sul nostro Microbiota, soprattutto con la nostra alimentazione.

Report Evo a confronto

I dati, si sa, a volte sono più comunicativi delle parole.

Oggi vogliamo mostrarvi come un profondo cambiamento delle abitudini alimentari e dello stile di vita abbia migliorato la vita e il Microbiota a una di voi, una partecipante al Progetto Microbioma Italiano.

Abbiamo messo a confronto il report Evo di una sua analisi fatta nel 2015 con quello di due analisi successive, fatte nel 2019 e nel 2020 rispettivamente.

Ma cosa è cambiato in questi anni?

Nel 2015 il nostro case study, come si usa dire nel mondo della ricerca, seguiva una dieta poco varia, in quanto mangiava sempre la stessa tipologia di cibi. La sua alimentazione era caratterizzata da un elevato contenuto di grassi saturi, principalmente da formaggi e carne rossa, alimenti ad alta densità calorica, ricchi in zuccheri aggiunti, carboidrati raffinati e uno scarso apporto di fibra.

Quella che possiamo definire la tipica dieta occidentale.

A ciò si aggiungeva un lavoro molto sedentario e l’assenza di attività fisica.

Pur non avendo malattie conclamate e pur non essendo in sovrappeso, la nostra amica accusava uno stato di malessere generale, stanchezza cronica, fatica, mancanza di energia nello svolgimento delle normali attività quotidiane, gonfiore addominale e pesantezza.

Questo l’ha spinta a cambiare sensibilmente il suo stile di vita e a mantenerlo negli anni successivi.

Ha iniziato a svolgere regolarmente attività fisica (3-4-volte a settimana), ma soprattutto ha intrapreso un percorso di rieducazione alimentare, guidata da una nutrizionista.

Il nuovo piano alimentare era caratterizzato da un adeguato apporto di fibra (25-30 gr al giorno) da frutta, verdura e cereali non raffinati, da un maggior consumo di pesce, in particolare pesce azzurro, di frutta secca e di semi oleosi, importanti fonti di acidi grassi polinsaturi omega-3, e da prodotti fermentati e caseari a ridotto contenuto di grassi (ha iniziato a produrre lo yogurt in casa!).

Per contro, ha ridotto il consumo di carne rossa, alimenti processati e zuccheri aggiunti e nel complesso ha iniziato a variare molto la tipologia di cibi, introducendo alimenti a lei prima sconosciuti.

Vi ricorda forse la dieta mediterranea di cui abbiamo parlato?

Vediamone i risultati!

Risultati

La prima differenza significativa che emerge dal confronto tra l’analisi del 2015 e quelle successive è un netto aumento della ricchezza e della diversità della comunità microbica, parametri associati a uno stato di eubiosi, ovvero di equilibrio tra le varie specie batteriche.

Ma proviamo a dare uno sguardo ai grafici.

Nella prima analisi la famiglia delle Bacteroidaceae è particolarmente alta e fuori dagli intervalli di riferimento, mentre nella seconda analisi e nella successiva è rientrata all’interno dei valori riscontrati nei controlli sani.

E’ noto dalla letteratura scientifica che le diete caratterizzate da un eccessivo consumo di proteine animali e da un alto contenuto di grassi saturi e zuccheri portano a un aumento dei batteri bile-tolleranti appartenenti a questa famiglia a svantaggio dei batteri coinvolti nel metabolismo dei polisaccaridi vegetali, come Ruminococcaceae e Lachnospiraceae. Viceversa, l’apporto di fibre con gli alimenti promuove la crescita e l’attività dei microrganismi che producono butirrato, un acido grasso a catena corta utilizzato dagli enterociti del colon come fonte primaria di energia e con vari effetti benefici sulla fisiologia dell’ospite (antinfiammatori e antitumorali, ad esempio). Un adeguato consumo di fibre, inoltre, stimola le popolazioni di Bifidobatteri e Lattobacilli.

Il grafico relativo ai batteri benefici è decisamente più popolato nell’analisi del 2019 rispetto a quella del 2015!

Molto interessante l’aumento significativo di Faecalibacterium prausnitzii che è uno dei principali batteri produttori di butirrato, e Akkermansia muciniphila, dalle note proprietà antinfiammatorie.

Complessivamente, nella seconda analisi il nostro case study presenta una composizione del Microbiota intestinale con una bassa capacità di predisporre alla permeabilità intestinale e ai disordini metabolici e una buona capacità di difendere l’organismo dai patogeni esterni (effetto scudo), un risultato nettamente diverso rispetto alla prima analisi.

Ma vi dirò di più, questi risultati sono stati confermati, nel loro complesso, nell’ultima analisi del 2020 in cui è stata riscontrato un ulteriore aumento dei batteri benefici, in particolare Bifidobacterium adolescentis.

La sana nutrizione premia sempre e lo fa nel lungo termine!

E voi cosa aspettate a vedere gli effetti della vostra alimentazione sul vostro Microbiota attraverso il nostro report Evo?

 

Ilena Li Mura, PhD

Biologa nutrizionista