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Digiuno intermittente e microbiota

Le festività natalizie si avvicinano e, si sa, le nostre tavole tendono a riempirsi di cibo più del solito.

Così noi abbiamo deciso di parlarvi di digiuno intermittente e della sua relazione con il microbiota intestinale.

Schemi di digiuno intermittente

Per digiuno intermittente si intende la pratica di alternare periodi di normale assunzione di cibo a periodi di digiuno, di durata variabile, in base allo schema dietetico seguito.

Un protocollo tipico di digiuno intermittente prevede un digiuno per 12 o 16 ore al giorno e il consumo dei pasti nelle ore restanti, eseguito in genere su un massimo di 2 giorni alla settimana.

Altri schemi prevedono, invece, apporti calorici imitanti il digiuno (circa 500-600 kcal) durante 2 giorni in una settimana, mentre i restanti 5 si mangia normalmente.

Una pratica alternativa, infine, prevede il digiuno per 24 ore consecutive, uno o due giorni alla settimana.

Relazione tra digiuno e microbiota

Recenti studi hanno dimostrato come il digiuno intermittente sia in grado di apportare diversi benefici alla salute, in termini di miglioramento dell’obesità, dell’insulino resistenza e dei livelli di colesterolo LDL.

Le esatte dinamiche rimangono ancora da definire, ma ci sono evidenze che suggeriscono un possibile ruolo del microbiota intestinale come mediatore di tali effetti sul metabolismo.

In particolare, è emerso che il digiuno intermittente è in grado di influenzare la composizione del microbiota intestinale, determinando l’aumento della specie Akkermansia muciniphila (nota per i suoi effetti benefici sul metabolismo dell’ospite) e la riduzione di Rikenellaceae, Ruminococcaceae e del genere Alistipes. A ciò si aggiunge un aumento dei livelli plasmatici di alcuni prodotti della fermentazione microbica, in particolare acetato e lattato.

L’ipotesi del browning

L’ipotesi avanzata è che tali alterazioni possano promuovere un fenomeno chiamato browning, in cui le cellule del tessuto adiposo bianco, deputate all’immagazzinamento energetico, sono “riprogrammate” per assumere caratteristiche simili alle cellule del tessuto adiposo bruno, coinvolte nella termoregolazione.

Queste ultime sono ricche in mitocondri e costituiscono una sorta di grasso “brucia grassi”, in quanto non immagazzinano energia, ma la disperdono sotto forma di calore.

Un’ulteriore evidenza emersa da questi studi è che la risposta del microbiota intestinale al digiuno varia in base alla durata e gli effetti maggiori sono stati osservati con un intervallo di 16 ore tra un pasto e l’altro.

Tuttavia, le alterazioni promosse dal digiuno sul microbiota sono transitorie, in quanto la ripresa della normale alimentazione ne induce la perdita.

Sono necessari, quindi, ulteriori studi al fine di comprendere meglio i meccanismi e potenziare i benefici di questa pratica a lungo termine.

Ricordiamo che la pratica del digiuno intermittente potrebbe non essere raccomandata per tutti i soggetti e che ogni intervento nutrizionale va sempre personalizzato, con la guida di un professionista.

Alla prossima!

Ilena Li Mura

Biologa Nutrizionista


Reference:

  • Fasting the Microbiota to Improve Metabolism? Joel T. Haas and Bart Staels, 2017.
  • Intermittent fasting and gut microbiota. Karakan T. 2019
  • The effects of daily fasting hours on shaping gut microbiota in mice. Li et al, 2020.

Intolleranza al lattosio: un mix di genetica e microbioma

Può capitare, quando non si è più tanto piccoli, che una mattina ci si svegli, si faccia colazione con la consueta tazza di latte e cereali e poi… il nostro intestino si ribelli violentemente. Ecco, quello è il momento in cui il nostro corpo ha “deciso” di non volerne più sapere di latte e lattosio.

Lattosio e lattasi

Il lattosio è uno zucchero composto da glucosio e galattosio e, tanto per farsi un’idea, 250 ml di latte vaccino (un bicchiere) ne contengono 12,5 grammi. Se il latte viene fermentato a yogurt, ne rimane circa la metà perché questo zucchero viene utilizzato dai batteri per proliferare e produrre le sostanze organoletticamente tipiche dei prodotti caseari. Più è stagionato un formaggio e minore sarà il suo contenuto in lattosio. 

Nel nostro intestino il lattosio può essere assorbito nell’intestino tenue grazie alla presenza di un enzima chiamato lattasi. Questo scinde il lattosio nei suoi due componenti che solo così  vengono trasportati dentro alle cellule intestinali. Da qui diffondono verso i vasi sanguigni per essere utilizzati in tutto il corpo. Fino a che un giorno il gene che codifica per la lattasi non decide di spegnersi. Niente più (o pochissimo) enzima attivo = accumulo di lattosio nell’intestino.

Malassorbimento e intolleranza al lattosio

Sono due termini spesso confusi ma di fatto molto diversi: il malassorbimento è la condizione per cui il lattosio non può essere trasferito dall’intestino tenue alle cellule, pertanto si accumula e transita nell’intestino crasso. Intolleranza è invece un insieme di sintomi intestinali (gonfiore, dolore, flatulenza, diarrea) legati al malassorbimento. Se è vero che l’intolleranza dipende dal malassorbimento, non è vero il contrario: infatti non è detto che chi “malassorbe” sia anche intollerante, potrebbe bere il suo bicchiere di latte senza avere nessun problema. Perché? 

Lattosio e microbiota

Il lattosio indigerito transita fino al colon dove incontra il microbiota che non vede l’ora di cibarsene. Batteri diversi trattano il lattosio in modo diverso pertanto alcuni lo trasformeranno in acidi grassi a catena corta (benefici per l’intestino) mentre altri in metano, idrogeno o anidride carbonica. Di fatto la distensione addominale dovuta all’accumulo di tali gas è quella responsabile del dolore e della flatulenza. La diarrea di solito compare quando la fermentazione del lattosio è lenta pertanto lo zucchero richiama per osmosi molta acqua dalla parete intestinale e liquefa le feci. 

Di fatto un microbiota bilanciato è il salvagente ideale in caso di spegnimento della lattasi: non è un caso se normalmente chi ha una lattasi “pigra” selezioni nel proprio intestino molti Bifidobatteri. Probiotici naturali che utilizzano il lattosio e producono una gran quantità di acidi grassi a catena corta, i Bifidobatteri sono fondamentali come antinfiammatori, regolatori del metabolismo dei lipidi, immunostimolanti e modulatori dell’asse intestino-cervello. Chi ha un malassorbimento del lattosio solitamente ha un limite giornaliero variabile di 12-18 grammi prima di accusare sintomi dolorosi. Pertanto in questo caso si può sfruttare questa tolleranza per il proprio benessere microbiota-mediato.

Conclusioni

Non esistono terapie definitive per l’intolleranza al lattosio, solitamente la soluzione è limitare nella dieta alimenti che lo contengono. Questo permette anche di evitare eventuali esacerbazioni di condizioni infiammatorie, ove presenti, come nel caso di IBS o IBD (ne avevamo parlato qui). Tuttavia per gli amanti di latte e derivati, le terapie legate al microbiota potrebbero essere una buona alternativa all’assunzione di enzimi sintetici: probiotici a base di Bifidobatteri o prebiotici a base di galattooligosaccaridi (GOS) sono al vaglio per ripristinare un microbiota pro-lattosio. Ma prima, se siete curiosi di sapere se il vostro microbiota è anti- o pro-lattosio, potete sempre effettuare il test Microbioma Italiano EVO con la sua analisi fermentativa.

Alla prossima!

Eleonora Sattin, PhD
Responsabile Servizio Microbioma Italiano di BMR Genomics


Misselwitz B, Butter M, Verbeke K, et al. “Update on lactose malabsorption and intolerance: pathogenesis, diagnosis and clinical management”. Gut 2019;68:2080-2091.

WGO Practice Guideline – Diet and the Gut

Allena il tuo Microbioma

Che l’attività fisica migliori la qualità della vita è noto, così come sono noti i suoi effetti protettivi nei confronti di molte malattie croniche.

Quello che per anni, invece, non è apparso evidente e che sta emergendo dagli studi più recenti è che i benefici di una regolare pratica sportiva sulla salute potrebbero derivare, in parte, dalla sua capacità di modulare il microbiota intestinale.

Pigri in ascolto, questo articolo è soprattutto per voi!

Che relazione c’è tra esercizio fisico e microbiota intestinale?

I primi studi su uomo di tipo trasversale, vale a dire realizzati con dati ottenuti in un momento preciso, avevano già suggerito una correlazione positiva tra esercizio fisico e abbondanza di batteri produttori di butirrato, un acido grasso a catena corta con proprietà anti-infiammatorie.

In un recente lavoro, ad esempio, viene mostrato che rispetto al gruppo di controllo “sedentario”, le donne fisicamente attive, che si allenano per almeno 3 ore a settimana, presentano livelli più alti di Faecalibacterium prausnitzii e Roseburia hominis, noti produttori di butirrato, oltre a una maggiore abbondanza di Akkermansia muciniphila, associata a un basso indice di massa corporea (BMI) e a un migliore quadro metabolico.

Guardate gli estratti del nostro report Evo di due sportivi non agonisti.

Non vi sembrano in linea con quanto descritto in letteratura?

Le evidenze più interessanti emergono da studi longitudinali controllati, che hanno permesso di raccogliere dati nel tempo e valutare l’effetto dell’attività fisica sul microbiota intestinale, indipendentemente da altre variabili, come la dieta.

In un bel lavoro del 2018, un gruppo di soggetti normopeso (BMI<25) e un gruppo di soggetti obesi (BMI>30) sono stati sottoposti a un rigoroso controllo della dieta e allo stesso programma di allenamento per 6 settimane, con una intensità leggera/moderata (dai 30 ai 60 minuti, 3 volte a settimana).

Gli autori hanno osservato che l’attività fisica ha portato a un aumento di Faecalibacterium prausnitzii nei soggetti normopeso, ma a una sua riduzione negli obesi. Per contro, le specie Bacteroides sono diminuite nei normopeso, mentre sono aumentate negli obesi.

Anche la concentrazione degli acidi grassi a catena corta acetato e butirrato è aumentata solo nei soggetti normopeso.

Inoltre, per la maggior parte delle specie batteriche e degli acidi grassi a catena corta, per i quali era stato riscontrato un aumento in risposta all’allenamento, l’abbondanza si è ridotta dopo 6 settimane di ritorno a uno stile di vita sedentario.

Cosa indicano questi dati?

Questi lavori, nel complesso, ci suggeriscono che:

  • l’esercizio fisico ha effetti sul microbiota intestinale indipendenti dal regime alimentare.
  • gli individui normopeso rispondono meglio all’esercizio fisico, rispetto ai soggetti obesi.
  • l’effetto dell’attività fisica sul microbiota è temporaneo e reversibile.

Ma attraverso quali meccanismi l’esercizio fisico potrebbe influenzare il microbiota intestinale e quali implicazioni potrebbe avere in determinate condizioni patologiche?

Lo scopriremo nel prossimo post!

Nel frattempo, buon allenamento 😉

PS: nella foto le mie due fit-colleghe al lavoro.

 

Ilena Li Mura, PhD

Biologa nutrizionista


References:

Exercise and the Gut Microbiome: A Review of the Evidence, Potential Mechanisms, and Implications for Human Health.

FODMAPs, croce e delizia del nostro intestino

Cosa sono i FODMAPs? Si trovano anche in altri alimenti oltre che nei cereali?

Nell’ultimo post del nostro blog ci eravamo lasciati con queste domande. Proviamo dunque a dare una risposta e scoprire cosa si cela dietro a questo termine così difficile.

FODMAPs è una sigla che sta per Fermentable Oligosaccharides, Disaccharides, Monosaccharides And Polyols ovvero Oligosaccaridi, Disaccaridi, Monosaccaridi Fermentabili e Polioli e indica una serie di carboidrati (zuccheri) fermentabili che per il nostro intestino, o meglio per i batteri che in esso hanno trovato la loro “casa”, sono una vera e proprio delizia.

I FODMAPs infatti sono dei prebiotici, sostanze contenute naturalmente in alcuni alimenti e che sono assorbite molto lentamente o non vengono digerite nell’intestino tenue ma, una volta arrivate nel colon, incontrano i nostri batteri, ben felici di cibarsene. In questo modo i FODMAPs favoriscono la crescita di batteri benefici per l’organismo.

Questi composti includono cinque principali sotto-gruppi di carboidrati, contenuti in diverse tipologie di alimenti:

  • Gli Oligosaccaridi FOS (Fructo-oligosaccaridi, Fruttani) e GOS (Galatto-oligosaccaridi) contenuti nei cereali come il grano, l’orzo e la segale (alimenti che contengono anche glutine), nei legumi, nell’aglio e nella cipolla, nei pistacchi, nel latte di soia, nelle verdure come carciofi, asparagi, broccoli, finocchi, peperoni, cicoria e bietola.
  • Il Disaccaride lattosio, contenuto nel latte e nei prodotti caseari.
  • Il Monosaccaride fruttosio, in eccesso rispetto al glucosio, presente nel miele e in diverse tipologie di frutta come mango, mela, pera, cocomero, ciliegie, albicocche, pesche, datteri e fichi.
  • I Poli-oli sorbitolo, mannitolo, xilitolo e maltitolo, presenti principalmente nell’avocado, nei funghi, nelle albicocche, nelle ciliegie, nei cavolfiori, ma utilizzati spesso come dolcificanti negli alimenti industriali.

Molti di questi alimenti sono ottime fonti di fibre vegetali, note per accelerare il transito intestinale e per i benefici che apportano all’organismo. Fin qui tutto bene, se non fosse che, per determinate persone, alcune tipologie di FODMAPs, e quindi gli alimenti che li contengono, possono risultare particolarmente fastidiosi.
Avete mai avuto problemi con uno o più degli alimenti sopra elencati? Cominciate a farci caso.

Ma perché dei piccoli e comuni carboidrati, per di più presenti in natura in svariati alimenti, dovrebbero causare a determinate persone problemi intestinali? Non avevamo detto che i FODMAPs promuovono la crescita di svariate specie batteriche e quindi la salute e il benessere del nostro intestino?

Vi aspetto con il prossimo articolo per scoprirlo insieme!

Io intanto mi gusto una buonissima arancia siciliana di stagione, ricca di vitamina C e a basso contenuto di FODMAPs.

Ilena Li Mura, PhD


World Gastroenterology Organisation Global Guidelines

E SE NON FOSSE SEMPRE TUTTA COLPA DEL GLUTINE?

Conoscerete sicuramente qualcuno che ha deciso di non mangiare più pane né pasta perché dice che dopo aver assunto quegli alimenti sta male, molto male. Non è un caso: è sempre più comune la cosiddetta “intolleranza al glutine”, una condizione che provoca forti sintomi intestinali dopo aver assunto alimenti contenenti glutine, che tuttavia non ha nulla a che vedere con la malattia celiaca. Quest’ultima, infatti, dipende dalla sensibilità del sistema immunitario verso il glutine che viene riconosciuto da alcuni anticorpi (IgE) scatenando così una forte reazione infiammatoria, quasi come fosse un patogeno.

La Sensibilità al Glutine Non Celiaca (NCGS), così si chiama la prima condizione, invece non è mediata da anticorpi e non dipende nemmeno da una mutazione nel DNA simile a quella della celiachia. Un mistero! Dato che non esistono marcatori per diagnosticarla, l’unica cosa che rimane da fare è diventare medici di se stessi ed eliminare dalla dieta gli alimenti che provocano fastidio.

E se vi dicessero che la colpa della NCGS molto probabilmente non è sempre del glutine ma di alcune molecole che spesso lo accompagnano? I cereali infatti contengono, oltre al glutine, anche grandissime quantità di alcuni zuccheri come gli oligo, mono, disaccaridi fermentabili e polioli (i famosi FODMAP: “Fermentable Oligosaccharides, Disaccharides, Monosaccharides and Polyols”) che, come dice il loro nome, sono fermentabili. La loro caratteristica è di arrivare nell’intestino e alimentare i nostri batteri che, brulicanti di felice voracità, trasformano queste molecole in gas producendo il caratteristico gonfiore, flatulenza e mal di pancia postprandiali.

Alcuni ricercatori di Oslo hanno esplorato questa possibilità facendo assumere a 59 persone auto-diagnosticate NCGS un alimento contenente glutine oppure un tipo di FODMAP (i fruttani) oppure nulla. Al termine degli esperimenti hanno visto che tra il gruppo di quelli che avevano mangiato glutine e quelli che avevano assunto l’alimento normale non era cambiato granché. Si era invece aggravata di molto la sintomatologia intestinale di coloro che avevano mangiato l’alimento arricchito di FODMAP, anche se non conteneva glutine.

Cosa sono i FODMAP? Si trovano anche in altri alimenti oltre che nei cereali? Ha quindi senso fare una dieta low-FODMAP o una Gluten-free? Che relazione c’è tra microbiota e FODMAP? Queste ed altre domande saranno il fulcro di una nuova rubrica del Microbioma Italiano tenuta dalla collega Ilena Li Mura, PhD.

Ci sentiamo presto!

Eleonora Sattin, PhD
Responsabile Servizio Microbioma Italiano a BMR Genomics


Fructan, Rather Than Gluten, Induces Symptoms in Patients With Self-Reported Non-Celiac Gluten Sensitivity

Gluten and FODMAPS—Sense of a Restriction/When Is Restriction Necessary?

Influence of low FODMAP and gluten-free diets on disease activity and intestinal microbiota in patients with non-celiac gluten sensitivity.

 

III MICROBIOMA, SALUTE e MALATTIA – Workshop 09.06.2017

Ritorna il workshop che parla dei microrganismi che ospitiamo nel nostro corpo e di come questi influenzano la nostra salute. Quest’anno ci concentreremo sulle tecnologie sviluppate per studiarli e su alcune tecniche per manipolarli. Sarà un corso teorico-pratico in cui impareremo ad utilizzare batteri per gestire altri batteri: The probiotic edition.

3_MICROBIOMA_SALUTE_MALATTIA

Orari e Programma:

Il 9 giugno 2017 dalle 9.30 alle 17.30

Orario di inizio h. 09.30

  • Introduzione al microbioma (Dr. F. Piccini)
  • Metodologie per l’analisi del microbioma (Dr.ssa E. Sattin)
  • Disbiosi come capirle e come correggerle (Dr. F. Piccini)

Pausa pranzo h. 12.30 – 13.30

  • I probiotici: cosa sono e quando usarli? (Dr. F. Piccini)
  • Alimenti fermentati: non solo yogurt! (Dr. F. Piccini)

Coffee break h. 15.45 – 16.00

  • Fermentazioni in pratica: ricette di salute (Dr. F. Piccini) **

Saluti conclusivi h. 17.30

Luogo:

osteria-di-fuori-porta

Ristorante Osteria di fuori Porta, dove si può gustare della buona cucina fatta con prodotti da agricoltura biologica ed assistere a eventi.

via T. Aspetti 7 PADOVA
fermata del Tram “Borgomagno” (vicino alla stazione dei treni) vai alla mappa

tel. 049 616899

info@osteriadifuoriporta.it

 

Overview:

Che cos’è il microbioma umano? Come nasce? Come si sviluppa? Come involve? Ma soprattutto, a che serve? Perché si ritiene che la sua scoperta cambierà la medicina del nuovo millennio? E infine, come fare per mettere a frutto ciò che già si sa a proposito delle sue funzioni per il ripristino della salute e la prevenzione delle malattie? Una rapida carrellata sulle acquisizioni scientifiche degli ultimi dieci anni vi permetterà di capire come mai esso viene definito il secondo genoma umano e in che modo è possibile prendersene cura ed evitare di danneggiarlo. E parlando di questo ci ritroveremo a riflettere sul perché Metchnikoff diceva che la morte nasce nell’intestino e ci spingeremo a dire che anche la vita nasce proprio da lì. E questo ci porterà a parlare di fermentazioni alimentari, un antichissimo metodo di conservazione degli alimenti che era passato di moda e che invece, alla luce di queste scoperte scientifiche, si riveste di nuova importanza. Dalla teoria passeremo così alla pratica mettendo le mani in pasta e imparando alcune semplici fermentazioni che ci permetteranno di mantenere e incrementare la varietà e la ricchezza della flora batterica che vive nel nostro intestino. E naturalmente assaggeremo un po’ di questi alimenti dai sapori nuovi ma assolutamente appetitosi e in questo modo avrete appreso la teoria e la pratica della salute intestinale. Non è poco per una sola giornata di lavoro.

In questo workshop verranno discussi i principali argomenti descritti di seguito:

  • Il microbioma umano; che cos’è, da dove origina e a cosa serve
  • Come indagare la flora batterica che vive in simbiosi con il nostro corpo
  • Come vivono e di cosa si nutrono i batteri intestinali
  • Perché il microbioma di un primitivo è più salutare di quello di un europeo
  • Come nutrire i batteri migliori e i batteri peggiori
  • Cosa sono le disbiosi e come si correggono
  • Trapianti di microbioma; miti e realtà
  • Il progetto Microbioma Italiano
  • Parliamo di probiotici; meglio quelli sintetici o meglio gli alimenti sinbiotici?
  • Gli alimenti fermentati; non solo yogurt
  • Razionale per l’utilizzo quotidiano di alimenti contenenti probiotici vivi
  • Differenza tra gli alimenti probiotici industriali e quelli preparati in casa
  • ABC della fermentazione domestica
  • La fermentazione in pratica; ricette per adulti
  • La fermentazione in pratica; bevande per bambini
  • FAQ; domande e risposte su probiotici e sinbiotici

** Per chi fosse interessato a “mettere le mani in pasta” suggeriamo di portarsi da casa un barattolino da conserva, un taglierino ed un coltello da verdure.

Crediti ECM

A chi partecipa al workshop con finalità di acquisizione dei crediti ECM verrà consegnata una CARD con un codice che permette di accedere al materiale didattico ed all’esame, nel sito dell’ECM Campus (vai al sito). Il superamento del test finale dà diritto al riconoscimento di 15 crediti ECM.

I crediti ECM sono rilasciati da Adveniam srl (Società di Formazione controllata dalla Fondazione IRCCS Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico) accreditato come Provider Standard a livello nazionale  dalla  Commissione Nazionale per la Formazione Continua  (ID: 115).

I relatori:

Dr. Fabio Piccini, PhD
Medico e psicoanalista, dopo aver conseguito un dottorato in Alimenti Nutrizione e Salute presso l’Università Politecnica delle Marche, ha dedicato la maggior parte della sua carriera allo studio e al trattamento della patologia del comportamento alimentare. E’ autore di numerosi articoli scientifici e saggi tra cui: Anoressia, Bulimia, Binge Eating Disorders (Centro Scientifico), Pane Al Pane E Vino Al Vino (Franco Angeli), La Dieta Più Antica Del Mondo (Baldini Castoldi e Dalai), La Dieta Intermittente (PLAN), Alla Scoperta Del Microbioma Umano (KDP). E’ l’ideatore del Progetto Microbioma Italiano.

Dr.ssa Eleonora Sattin, PhD
Eleonora Sattin è laureata in Biologia Molecolare e Biologia Sanitaria all’Università degli Studi di Padova. Ha conseguito il dottorato in Biotecnologie presso BMR Genomics, spin-off dell’Università di Padova, durante il quale ha studiato metodiche di sequenziamento del DNA di nuova generazione per caratterizzare le comunità microbiche. E’ responsabile del Servizio Microbioma Italiano di BMR Genomics, braccio operativo del Progetto Microbioma Italiano. Servizio Microbioma Italiano si occupa di interagire con i cittadini che partecipano al progetto, effettua le analisi del DNA con le quali si studiano i microrganismi intestinali umani, e gestisce i dati raccolti dal cittadino; è anche responsabile dell’area 16S-NGS di BMR Genomics, che offre la stessa tipologia di analisi al mondo universitario a scopo di ricerca scientifica.

Costo ed iscrizione

Vi preghiamo di inserire nelle note dell’ordine il nome e cognome dei partecipanti.

Workshop senza crediti ECM: € 114,75 + IVA (€ 140)

 114,75 Per saperne di più

Workshop con crediti ECM: € 140,40 + IVA (€ 180)

 147,54 Per saperne di più

Attenzione! Dato il taglio pratico, i posti disponibili sono limitati.

Il costo del workshop include il pranzo ed un coffee break.
Qualora non si raggiungesse il numero minimo, l’evento non avrà luogo e sarà rimborsato.
L’iscrizione può essere pagata tramite Paypal o Bonifico bancario.