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Giornata Mondiale della Pasta – 25 ottobre 2020

Il 25 ottobre si celebrerà in tutto il mondo il World Pasta Day, un evento internazionale dedicato alla pasta, ideato dall’Unione Italiana Food e da IPO (International Pasta Organization).

Microbioma Italiano non poteva non dare il proprio contributo, in termini di divulgazione scientifica, a questa kermesse, dal sapore tutto Italiano.

La pasta e la dieta mediterranea.

Non c’è piatto che più della pasta rappresenti l’Italia nel mondo.

Noi italiani, si sa, siamo amanti, intenditori e cultori della pasta, in tutte le salse, è proprio il caso dirlo.

Tanto amata, quanto demonizzata, la pasta è sicuramente un alimento molto discusso.

Negli ultimi anni è stata spesso messa al bando come causa di ogni male, seguendo l’onda della diffusione di regimi alimentari “alternativi”, rispetto alla classica dieta mediterranea: dalle diete low carb (sia chetogeniche che non) alle diete senza glutine.

Ma è davvero così “pericolosa”?

La pasta è senza dubbio un alimento distintivo della dieta mediterranea.

Ricordiamo che l’espressione “dieta mediterranea” è stata coniata dal noto biologo e fisiologo statunitense Ancel Keys, alla fine degli anni ‘50, in seguito ai suoi studi sull’epidemiologia delle malattie cardiovascolari.

I dati raccolti da Keys mostravano come tra le popolazioni del bacino del Mediterraneo, che si cibavano in prevalenza di pasta e altri cereali integrali, pesce, legumi, frutta e verdura e utilizzavano olio d’oliva come condimento, la percentuale di mortalità per cardiopatia ischemica era significativamente più bassa rispetto alle popolazioni del nord Europa, il cui regime alimentare includeva un’alta percentuale di grassi saturi (burro, strutto, carne rossa).

Se osserviamo la piramide alimentare mediterranea la pasta trova posto alla base, insieme ad altri cereali, alla frutta e alla verdura.

Insieme, ma non da sola. Questo è il primo importante punto da considerare quando si parla di dieta mediterranea.

Pane, pasta e cereali sono componenti caratterizzanti la dieta mediterranea, ma non sono gli unici.

Legumi, pesce, frutta e verdura, olio extravergine di oliva, sono gli altri alimenti tipici del regime alimentare mediterraneo, che contribuiscono a determinare i noti benefici di questo stile dietetico sulla salute.

Il secondo importante punto è la qualità dei cereali: integrali e non raffinati.

Con l’avvento dell’industrializzazione, i cereali integrali hanno lasciato sempre maggiore spazio a quelli raffinati, più facilmente lavorabili, per la produzione di pane e di altri prodotti da forno.

Rispetto alla versione integrale, un cereale raffinato è impoverito dal punto di vista nutrizionale, in quanto ha perso due importanti parti del seme: la crusca e il germe, preziose fonti di vitamine e sali minerali. A ciò si aggiunge un maggiore impatto dei cereali raffinati sull’innalzamento della glicemia e sulla produzione di insulina.

Infine, va sottolineato che gli studi di Keys sono stati condotti in un periodo storico in cui lo stile di vita era caratterizzato da un’attività lavorativa impegnativa a livello fisico, ad esempio nei campi o a casa. Dopo il boom economico degli anni ‘60, il lavoro fisico pesante ha lasciato sempre più spazio a una tipologia di lavoro differente e una percentuale sempre maggiore di persone si ritrova, oggi, a trascorrere molte ore al giorno seduta a una scrivania.

Cosa significa tutto questo?

  • La dieta mediterranea è prima di tutto uno stile di vita e non una semplice lista di alimenti. Attività fisica, convivialità, stagionalità sono, infatti, alla base della piramide alimentare. Quante volte vi siete ritrovati a mangiare di fretta davanti al vostro computer, in una pausa pranzo sempre più ridotta?
  • La quantità e la qualità dei cereali che consumiamo e l’attività fisica che svolgiamo sono dei fattori da tenere in considerazione nella valutazione dei nostri fabbisogni nutrizionali.
  • I carboidrati, in particolare pane e pasta, non sono la causa di ogni male. Ricordiamo che le linee guida per un’alimentazione bilanciata, in persone sane, prevedono che la metà dell’energia derivi dai carboidrati, in particolare dai carboidrati complessi. La pasta, soprattutto nella sua versione integrale, è un’importante fonte di carboidrati complessi: amido e fibre, queste ultime con un altissimo potenziale prebiotico, ovvero in grado di promuovere la crescita di batteri benefici, come i Bifidobatteri.
  • Oltre alla pasta e ai cereali in generale, non dimentichiamoci di altre importanti fonti di macro e micronutrienti, quali legumi, pesce, verdura e frutta. Avete fatto caso a quante volte consumate questi alimenti nell’arco di una settimana?
  • Glutine o non glutine? La pasta è un’importante fonte di glutine, i celiaci devono sicuramente trovare delle alternative, ma tutti gli altri? Sicuri di doverlo eliminare? Abbiamo parlato di questo argomento in uno dei post del nostro blog.
  • E la pasta la sera? Eresia? Lo sapevi che i carboidrati complessi consumati di sera possono migliorare la qualità del sonno e favorire il rilassamento stimolando la produzione della serotonina?

In conclusione, siamo orgogliosi della nostra tradizione mediterranea, godiamoci un buon piatto di pasta italiana, se possibile in buona compagnia. Anche il nostro microbiota ne sarà felice! Non dimentichiamoci, però, che ogni regime alimentare va personalizzato sulla base delle caratteristiche, esigenze, stili di vita e gusti individuali.

E a te come piace la pasta? A me cacio e pepe!

Alla prossima!

Ilena Li Mura, PhD

Biologa nutrizionista

Quando lo stile di vita ti cambia la vita… e il Microbiota

Anni fa lessi con meraviglia le parole del fisico quantistico Felix Toran sulla legge del tempo e sulla transitorietà della materia: “ogni cinque anni, massimo sette, ogni atomo del nostro corpo si rigenera, completamente – ci sono atomi che vanno e vengono, niente rimane nel corpo umano immutabile”.

E così siamo persone in continua evoluzione, tutto cambia in noi, dai nostri pensieri alle nostre molecole.

Questo vale anche per la comunità di microrganismi che ci portiamo dentro.

Il Microbiota è una comunità dinamica e in continua evoluzione

Il complesso ecosistema del Microbiota intestinale varia nel corso della nostra vita, continuamente modellato da una serie di fattori come l’invecchiamento, l’alimentazione, l’attività fisica, i farmaci, lo stress, le malattie.

Non so a voi, ma a me ogni prospettiva di cambiamento ha sempre dato speranza e un gran sollievo.

Abbiamo un ampio margine di intervento sul nostro Microbiota, soprattutto con la nostra alimentazione.

Report Evo a confronto

I dati, si sa, a volte sono più comunicativi delle parole.

Oggi vogliamo mostrarvi come un profondo cambiamento delle abitudini alimentari e dello stile di vita abbia migliorato la vita e il Microbiota a una di voi, una partecipante al Progetto Microbioma Italiano.

Abbiamo messo a confronto il report Evo di una sua analisi fatta nel 2015 con quello di due analisi successive, fatte nel 2019 e nel 2020 rispettivamente.

Ma cosa è cambiato in questi anni?

Nel 2015 il nostro case study, come si usa dire nel mondo della ricerca, seguiva una dieta poco varia, in quanto mangiava sempre la stessa tipologia di cibi. La sua alimentazione era caratterizzata da un elevato contenuto di grassi saturi, principalmente da formaggi e carne rossa, alimenti ad alta densità calorica, ricchi in zuccheri aggiunti, carboidrati raffinati e uno scarso apporto di fibra.

Quella che possiamo definire la tipica dieta occidentale.

A ciò si aggiungeva un lavoro molto sedentario e l’assenza di attività fisica.

Pur non avendo malattie conclamate e pur non essendo in sovrappeso, la nostra amica accusava uno stato di malessere generale, stanchezza cronica, fatica, mancanza di energia nello svolgimento delle normali attività quotidiane, gonfiore addominale e pesantezza.

Questo l’ha spinta a cambiare sensibilmente il suo stile di vita e a mantenerlo negli anni successivi.

Ha iniziato a svolgere regolarmente attività fisica (3-4-volte a settimana), ma soprattutto ha intrapreso un percorso di rieducazione alimentare, guidata da una nutrizionista.

Il nuovo piano alimentare era caratterizzato da un adeguato apporto di fibra (25-30 gr al giorno) da frutta, verdura e cereali non raffinati, da un maggior consumo di pesce, in particolare pesce azzurro, di frutta secca e di semi oleosi, importanti fonti di acidi grassi polinsaturi omega-3, e da prodotti fermentati e caseari a ridotto contenuto di grassi (ha iniziato a produrre lo yogurt in casa!).

Per contro, ha ridotto il consumo di carne rossa, alimenti processati e zuccheri aggiunti e nel complesso ha iniziato a variare molto la tipologia di cibi, introducendo alimenti a lei prima sconosciuti.

Vi ricorda forse la dieta mediterranea di cui abbiamo parlato?

Vediamone i risultati!

Risultati

La prima differenza significativa che emerge dal confronto tra l’analisi del 2015 e quelle successive è un netto aumento della ricchezza e della diversità della comunità microbica, parametri associati a uno stato di eubiosi, ovvero di equilibrio tra le varie specie batteriche.

Ma proviamo a dare uno sguardo ai grafici.

Nella prima analisi la famiglia delle Bacteroidaceae è particolarmente alta e fuori dagli intervalli di riferimento, mentre nella seconda analisi e nella successiva è rientrata all’interno dei valori riscontrati nei controlli sani.

E’ noto dalla letteratura scientifica che le diete caratterizzate da un eccessivo consumo di proteine animali e da un alto contenuto di grassi saturi e zuccheri portano a un aumento dei batteri bile-tolleranti appartenenti a questa famiglia a svantaggio dei batteri coinvolti nel metabolismo dei polisaccaridi vegetali, come Ruminococcaceae e Lachnospiraceae. Viceversa, l’apporto di fibre con gli alimenti promuove la crescita e l’attività dei microrganismi che producono butirrato, un acido grasso a catena corta utilizzato dagli enterociti del colon come fonte primaria di energia e con vari effetti benefici sulla fisiologia dell’ospite (antinfiammatori e antitumorali, ad esempio). Un adeguato consumo di fibre, inoltre, stimola le popolazioni di Bifidobatteri e Lattobacilli.

Il grafico relativo ai batteri benefici è decisamente più popolato nell’analisi del 2019 rispetto a quella del 2015!

Molto interessante l’aumento significativo di Faecalibacterium prausnitzii che è uno dei principali batteri produttori di butirrato, e Akkermansia muciniphila, dalle note proprietà antinfiammatorie.

Complessivamente, nella seconda analisi il nostro case study presenta una composizione del Microbiota intestinale con una bassa capacità di predisporre alla permeabilità intestinale e ai disordini metabolici e una buona capacità di difendere l’organismo dai patogeni esterni (effetto scudo), un risultato nettamente diverso rispetto alla prima analisi.

Ma vi dirò di più, questi risultati sono stati confermati, nel loro complesso, nell’ultima analisi del 2020 in cui è stata riscontrato un ulteriore aumento dei batteri benefici, in particolare Bifidobacterium adolescentis.

La sana nutrizione premia sempre e lo fa nel lungo termine!

E voi cosa aspettate a vedere gli effetti della vostra alimentazione sul vostro Microbiota attraverso il nostro report Evo?

 

Ilena Li Mura, PhD

Biologa nutrizionista

Mangia l’arcobaleno

“Eat the rainbow”, letteralmente “mangia l’arcobaleno”, è il mantra che viene ripetuto ai pazienti ricoverati per depressione presso la Facoltà di Medicina di Graz, in Austria.

Questa espressione, facile da memorizzare e dal significato immediato, viene utilizzata per spiegare ai pazienti le basi della dieta mediterranea.

Ma perchè la dieta mediterranea dovrebbe apportare dei benefici a chi soffre di disturbi dell’umore come ansia e depressione?

Nell’ ultimo articolo del nostro blog vi avevamo anticipato qualcosa, oggi ne parleremo più approfonditamente.

I modelli dietetici “sani” per il benessere mentale

Lo stile di alimentazione mediterraneo rappresenta un modello di nutrizione “di alta qualità”, così come la dieta giapponese, la dieta norvegese, la dieta vegetariana e la cosiddetta dieta DASH (Dietary Approach to Stop Hypertension), ovvero la dieta volta al controllo dell’ipertensione.

Applicando questi modelli alimentari a diversi gruppi di pazienti con disturbi dell’umore è emersa una correlazione significativa con il miglioramento di sintomi quali rabbia, depressione, ansia, tensione, fatica, stress e punteggio globale POMS (Profile Of Mood States), un test utilizzato per rilevare i disturbi del tono dell’umore.

Cosa hanno in comune questi regimi alimentari?

Si tratta di stili di alimentazione caratterizzati da un elevato apporto di frutta e verdura, cereali non raffinati, legumi, noci, semi oleosi, pesce, prodotti fermentati e caseari a ridotto contenuto di grassi e, per contro, un limitato consumo di carne rossa, alimenti processati e zuccheri aggiunti.

Gli alimenti che tali diete prediligono sono ricchi in nutrienti come acidi grassi polinsaturi omega-3, magnesio, zinco, selenio, vitamine, in particolare B, E, C, D e polifenoli, che possono influenzare l’insorgenza e il decorso di disturbi dell’umore.

Diversi studi hanno evidenziato specifiche carenze di questi nutrienti nei pazienti che soffrono di depressione o che presentano un elevato rischio di incorrere in episodi depressivi.

Un altro dato interessante deriva da uno studio che ha messo a confronto una dieta ad alto carico glicemico con una a basso carico glicemico.

Il carico glicemico è un parametro che valuta l’impatto di un dato alimento sul livello di glucosio nel sangue (glicemia), in base alla tipologia e alla quantità di carboidrati in esso contenuti.

Dallo studio è emerso che i soggetti che avevano seguito una dieta a basso carico glicemico avevano riportato un miglioramento di depressione, ansia, fatica, confusione e tono generale dell’umore, rispetto al gruppo di pazienti che aveva seguito una dieta ad alto carico glicemico.

In che modo il cibo influenza il nostro stato mentale?

A livello fisiologico non sono ancora noti nel dettaglio i meccanismi attraverso i quali la nostra alimentazione possa avere un effetto sui sintomi di ansia e depressione, ma sono state proposte diverse ipotesi plausibili.

Determinati macro e micronutrienti presenti negli alimenti, quali acidi grassi, vitamine, minerali, polifenoli e flavonoidi possono influenzare la produzione e l’attività di neurotrasmettitori come la serotonina, lo stress ossidativo e lo stato di infiammazione, anche, ma non solo, attraverso effetti diretti e indiretti sul Microbiota intestinale.

Gli omega-3

Il nostro cervello è un organo ricco in lipidi, vale a dire grassi. La corretta proporzione tra acidi grassi saturi (SFAs) e acidi grassi polinsaturi (PUFAs), in particolare gli omega-3 DHA (acido docosaesaenoico) ed EPA (acido eicosapentaenoico) e l’omega-6 acido arachidonico, è fondamentale per la funzionalità del tessuto neuronale. 

Un aumento di SFAs, ad esempio, diminuisce la fluidità e la permeabilità delle membrane cellulari e un rapporto sbilanciato tra omega-3 e omega-6 può aumentare l’infiammazione a livello sistemico e neuronale.

La dieta “occidentale” è caratterizzata tipicamente da un apporto eccessivo di acidi grassi saturi e da uno squilibrio nel rapporto tra acidi grassi omega-3 e omega-6 a favore di questi ultimi.

Gli acidi grassi omega-3, in particolare l’EPA, hanno proprietà anti-infiammatorie note e la depressione è caratterizzata da un aumento dello stato di infiammazione dell’organismo. Ricerche sui topi suggeriscono che l’azione anti-infiammatoria degli omega-3 potrebbe essere dovuta al suo effetto sul Microbiota intestinale.

Inoltre, da studi recenti, è emerso che il consumo di acidi grassi omega-3 potrebbe aumentare la produzione di una proteina chiamata BDNF (Brain-Derived Neurotrophic Factor) presente nel cervello, dove svolge un ruolo nel differenziamento, nella crescita e nel mantenimento dei neuroni e questo potrebbe avere un impatto benefico sull’umore.

Dati epidemiologici hanno dimostrato che la supplementazione con omega-3 (1,5-2 gr di EPA al giorno) è efficace nel trattamento della depressione, come supporto alla terapia convenzionale.

Vitamine e oligoelementi

Non c’è da sorprendersi che anche le vitamine siano essenziali per l’attività del sistema nervoso.

In particolare, nei pazienti depressi è ricorrente una carenza di acido folico (vitamina B9) e di vitamina D. Un elevato consumo di vitamina D, in particolare attraverso il pesce, è una caratteristica della dieta mediterranea.

Tra i minerali, lo zinco sembra giocare un ruolo importante nell’insorgenza dei disturbi dell’umore.

Lo zinco è un oligoelemento essenziale coinvolto in diversi processi cellulari, come la risposta immunitaria, la regolazione ormonale e dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Una carenza di zinco potrebbe contribuire all’insorgenza dei sintomi depressivi attraverso l’attivazione di processi infiammatori e modificazioni del recettore NMDA (N-metil-D-aspartato), presente sulla membrana delle cellule nervose e fondamentale per le funzioni neuronali.

Le fibre

Un’altra “variabile” nutrizionale che ha un effetto sui sintomi di ansia e depressione è la fibra, intesa come quantità totale e tipologia di fibra assunta.

Le diete con un elevato contenuto di fibre (27-30 gr al giorno), in particolare da vegetali e cereali integrali, sono associate a una probabilità ridotta di circa il 40% di sviluppare sintomi di depressione, mentre una dieta ricca di zuccheri e cereali raffinati è associata a un’aumentata incidenza di disturbi dell’umore.

I fitochimici

Il mondo vegetale è anche una fonte di polifenoli, composti chimici sintetizzati dalle piante (fitochimici) per proteggerle dai patogeni. I polifenoli aumentano i livelli di serotonina nel cervello, la produzione di BDNF e riducono l’infiammazione e questo potrebbe spiegare in parte il loro effetto positivo sul tono dell’umore.

D’altra parte, i polifenoli agiscono da prebiotici e la loro azione sul sistema nervoso potrebbe essere dovuta anche ai metaboliti secondari che derivano dal loro utilizzo da parte del Microbiota intestinale.

In sintesi quindi…

Una dieta varia e colorata, che includa una quantità elevata di frutta e verdura di stagione, carboidrati complessi, proteine magre, in particolare dal pesce, legumi, semi oleosi, frutta secca, può contribuire al nostro benessere mentale, oltre a essere un importante strumento di prevenzione per svariate malattie.

Mangiamo a colori, mangiamo l’arcobaleno!

Ilena Li Mura, PhD

Biologa Nutrizionista

 


Bibliografia

Feeding melancholic microbes: MyNewGut recommendations on diet and mood.

The association between diet and mood: A systematic review of current literature.

The Role of Nutrition and the Gut-Brain Axis in Psychiatry: A Review of the Literature.

The Role of the Gut Microbiota in Dietary Interventions for Depression and Anxiety.

 

Quando l’umore è una questione di pancia

In questo periodo di clausura forzata, bersagliato da una pioggia incessante di notizie più o meno angoscianti, il nostro organismo sta subendo uno stress psico-fisico molto forte. Si parla senza freni di quarantena, malati, guariti, tamponi, economia allo sfascio, medici eroici e politici allo sbando. Ci sentiamo prigionieri e tristi, impauriti e stressati.
E’ persino l’unico periodo in cui il termine “positivo” ha acquisito globalmente un’accezione a dir poco deprimente. E i casi di depressione o ansia puntualmente potrebbero aumentare, dicono gli esperti.
Tuttavia le buone notizie e le buone soluzioni si possono trovare anche in questo momento così critico: molte di esse si nascondono nella nostra mente, oltre che nel nostro intestino.

La fondamentale relazione tra intestino e cervello

Il nostro apparato digerente e la nostra mente comunicano costantemente in un’autostrada di segnali che viene definita asse intestino-cervello. Il suo funzionamento non è ancora del tutto chiaro ma è noto che i batteri intestinali producono moltissime molecole simili ad ormoni o neurotrasmettitori, ovvero i messaggi preferiti delle cellule del sistema nervoso. Queste molecole escono dall’intestino e, come tante e-mail, vengono ricevute dal sistema nervoso addossato all’intestino (enterico) che le legge e ne fa giungere la loro interpretazione anche al cervello. Di rimando il cervello tramite uno dei suoi famosi nervi, il nervo Vago, comunica con l’intestino ed i suoi batteri per modificare o confermare una data condizione. Anche il sistema immunitario sembra fondamentale in questa comunicazione poiché trasporta numerosi messaggi dall’intestino al cervello.

Mai avuto fenomeni intestinali (diarrea, gastrite) in concomitanza di eventi particolarmente stressanti, come esami, interrogazioni, esibizioni, …? Ecco, questo è un tipico esempio di comunicazione intestino-cervello.

Patologie mentali e microbiota

La relazione tra microbiota intestinale e cervello diventa ancora più profonda se si comincia a parlare di condizioni patologiche come depressione e ansia. E’ stato infatti rilevato un collegamento molto forte tra disbiosi, infiammazione e queste patologie mentali. Normalmente tali disturbi tendono a presentarsi in persone che hanno una costante alta presenza di segnali infiammatori in circolo. Questi segnali mantengono attivo un particolare circuito nervoso che coordina la risposta allo stress, il che è tipico della condizione di depressione e ansia patologiche. Un po’ come accade quando si aggiunge continuamente legna sul fuoco: sarà difficile che il falò si spenga, anzi potrebbe anche divampare.

Per chi ormai ha familiarità con i batteri intestinali sa che, quando il microbiota non è in equilibrio, l’intero organismo ne può risentire. Alcuni batteri più di altri, come ad esempio le Enterobacteriaceae, sono presenti normalmente in scarsa abbondanza ma se aumentassero vistosamente sarebbero più inclini a generare uno stato infiammatorio. La continua sollecitazione dei tessuti intestinali con molecole infiammatorie può arrivare a danneggiare il tessuto stesso: l’infiammazione, da piccolo falò concentrato nell’intestino, può divampare a tutto l’organismo. Non è un caso se la presenza di infezioni intestinali sia spesso concomitante con l’insorgenza di patologie come l’ansia.

La dieta per il benessere mentale

Noi mediterranei siamo fortunati: la nostra dieta ha un altissimo potere antinfiammatorio e antiossidante (vedi articolo precedente). Probabilmente non è un caso se i paesi maggiormente colpiti da patologie come depressione e ansia sono quelli che non seguono una dieta come la nostra. La tipica assunzione di fibre, grani, alimenti fermentati, pesce e la scarsa necessità di carni rosse e zuccheri raffinati ci rende meno propensi a sviluppare patologie infiammatorie sistemiche come diabete, malattie cardiache e, nondimeno, ansia e depressione. Il seguente schema suggerisce quali alimenti della dieta mediterranea sono indicati in tal senso.

Alimenti consigliati per una salute mentale ottimale.

Le fibre, immancabili, hanno un altissimo valore prebiotico, ovvero fungono da carburante per la crescita di batteri benefici come i Bifidobatteri. Questi particolari batteri hanno una forte attività antinfiammatoria e mostrano inoltre una comprovata attività benefica per la mente, antistress e antidepressiva. Signori e signore siamo di fronte ai cosiddetti psicobiotici, ovvero batteri che hanno una valenza terapeutica in casi di patologie mentali. Ma di questi ne parleremo più avanti.

Oltre alle fibre, l’assunzione di pesce come tonno, sardine, salmone, è fondamentale per un’attività mentale in salute, come rilevato in moltissimi studi di correlazione. Il componente d’interesse è l’omega-3, e principalmente l’EPA (acido eicosapentaenoico), un acido grasso presente nell’olio di pesce che sopprime la risposta immunitaria infiammatoria. 

Morale della favola

Ancora una volta la relazione tra dieta, microbiota e salute viene sottolineata anche in campi inaspettati come la salute psichica. Detto ciò, a maggior ragione in questo periodo, vogliamoci bene: facciamo una buona spesa al supermercato e diamo una mano al nostro microbiota per mantenerci in salute e felici. O per lo meno positivi. Ma nel senso migliore del termine.

Alla prossima puntata dove approfondiremo quali alimenti preferire per un buon benessere psico-fisico.

Eleonora Sattin, PhD
Responsabile servizio Microbioma Italiano BMR Genomics


Dinan TG et al., Feeding melancholic microbes: MyNewGut recommendations on diet and mood, Clinical Nutrition.