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Il microbiota intestinale potrebbe predisporre al COVID-19

Era nell’aria già da un po’. Ma d’altronde come poteva non essere così?

In un articolo scientifico del 25 Aprile viene sottolineata l’importanza del legame tra microbiota intestinale e COVID-19. Purtroppo il paper non è ancora pubblicato pertanto non è stato ancora sottoposto a correzioni formali, le cosiddette peer review ma, con le opportune cautele, mostra già delle considerazioni molto interessanti.

Il gruppo di ricercatori che ha condotto lo studio è partito da un’idea molto semplice: la patologia COVID-19 nella sua forma peggiore mostra una reazione immunitaria esagerata. Questo porta l’organismo a predisporre uno stato infiammatorio inutilmente potente che, in un circolo vizioso, lo indebolisce e lo rende vulnerabile. Cosa accade nell’organismo dei pazienti infettati da SARS-CoV-2 e che sviluppano la sindrome acuta COVID-19? Possiamo predire se una persona si ammalerà di COVID-19 e quanto severamente? Possiamo prevenirlo?

Lo studio dell’infiammazione

I ricercatori hanno analizzato tutte le proteine presenti nel sangue di 31 persone infette. Hanno subito notato che all’aumentare di certe proteine aumenta il rischio di incorrere in una evoluzione severa di COVID-19. Chiameremo queste proteine “marcatori.

Oltre a queste, esistono alcune particolari proteine del sangue chiamate citochine che sono mediatori dell’infiammazione e allertano le cellule del sistema immunitario perché sfoderino le armi per combattere l’infezione. Sono come gli squilli di tromba che svegliano un intero esercito. All’aumentare dei “marcatori proteici aumentano anche le famose citochine infiammatorie, seguendo uno schema matematico. Applicando questo modello su persone sane, si è visto che uno schema molto simile era presente principalmente in persone adulte oltre i 58 anni. Riassumendo:

età = marcatori =  citochine =  probabilità di COVID-19 severa

Dice nulla? Probabilmente non è un caso se la sindrome respiratoria acuta COVID-19 insorge principalmente in persone adulte o anziane. La teoria dell’inflammaging sostiene da molti anni che l’invecchiamento corrisponde ad un accumulo di fattori infiammatori nell’organismo [ndr]. Pertanto la presenza di uno stato già di base infiammato in adulti e anziani potrebbe favorire quell’esplosione infiammatoria esagerata che avviene in presenza del SARS-CoV-2.

Ma che c’entra il microbiota?

Tramite l’analisi del microbiota, simile a quella che facciamo con Microbioma Italiano, i ricercatori hanno correlato la presenza di citochine infiammatorie con il microbiota dei soggetti sani. Gli scienziati hanno quindi evidenziato che l’abbondanza di determinati batteri era correlata alla presenza di particolari citochine infiammatorie. Ad esempio, Bacteroides, Streptococcus e i Clostridiales tendevano a diminuire mentre Ruminococcus, Blautia e Lactobacillus tendevano ad aumentare in presenza delle citochine. Questo fatto è un po’ curioso in quanto questi ultimi tre batteri sono notoriamente anti-infiammatori, tuttavia un loro aumento potrebbe avere altri significati [ndr]. 

Analizzando anche i metaboliti (le molecole prodotte dai batteri intestinali), i ricercatori hanno notato che erano molto rappresentate delle molecole che hanno a che fare con la costruzione di proteine che attivano l’infiammazione! In questo senso il microbiota intestinale potrebbe favorire il COVID-19 promuovendo la produzione di particolari proteine pro-infiammatorie. Che questo sia dovuto all’infezione o meno non è chiaro, ma sicuramente un’attività batterica sbilanciata in favore della produzione di proteine infiammatorie potrebbe aiutare l’insorgenza della patologia più severa.

Conclusioni

Che i batteri intestinali fossero coinvolti nelle risposte infiammatorie e nella protezione da infezioni, è cosa nota e ne avevamo già parlato. Tuttavia questi risultati potrebbero davvero essere utili. Infatti i marcatori batterici e molecolari individuati in questo lavoro potrebbero diventare dei target per sviluppare terapie o per definire metodi di predizione dell’evoluzione della patologia e bloccare la fase acuta.

D’altra parte i risultati dello studio sottolineano come il mantenimento dell’equilibrio del microbiota intestinale sia fondamentale e possa diventare anche una strategia parallela di cura durante un COVID-19, come hanno già proposto in Cina.

Ad ogni modo la ricerca continua.

 

Eleonora Sattin, PhD
Responsabile servizio Microbioma Italiano a BMR Genomics


Gut microbiota may underlie the predisposition of healthy individuals to COVID-19.

Inflammaging: a new immune–metabolic viewpoint for age-related diseases